Nell’ultimo decennio, e in particolar modo dall’approvazione delle nuove Costituzioni di Ecuador (2008) e Bolivia (2009), che dichiarano i rispettivi Stati come «interculturali», anche la scienza giuridica ha cominciato a interrogarsi sulla differenza di significato tra «multiculturalismo» e «interculturalismo» (possiamo ricordare, in proposito, un celebre articolo di Charles Taylor, Interculturalism or multiculturalism?, in Philosophy and Social Criticism, 38(4-5), 2011, 413-423). Il volume raccoglie le riflessioni di giuristi comparatisti sulle implicazioni normative che il riconoscimento del carattere interculturale dello Stato, a livello costituzionale o legislativo, produce sull’ordinamento, sulle sue istituzioni e sulla societa. Si affronta la tematica da prospettive distinte ma complementari: a partire dalla demarcazione dei confini terminologici, alla ricerca di una corretta metodologia di classificazione del fenomeno (Bagni, Botti); attraverso un approccio storico, che pone in evidenza le origini contro-egemoniche del dibattito sull’interculturalismo (Clavero, Kaltmeier); in prospettiva comparata, confrontando diversi approcci nella gestione normativa del pluralismo, legati a differenti tradizioni culturali e giuridiche, come quelle colombiana (Moreno Cruz), indiana (Amirante) ed europea (Topidi, Locchi). Werner Menski, infine, chiude il cerchio, ritornando alle questioni di metodo, e riproponendo la sua originale chiave di lettura per l’interpretazione degli ordinamenti moderni, caratterizzati dalla convivenza di molteplici formanti non gerarchicamente ordinati. Lo stimolo per le analisi qui raccolte e arrivato da un convegno organizzato dalla curatrice a Ravenna, nel marzo 2016, presso la Scuola di Giurisprudenza dell’Universita di Bologna, con il sostegno della Fondazione Flaminia.